Torna la rubrica Abbinamento libro-vino

I Savoia, un libro di Gianni Oliva attraverso cui lo storico racconta gli eventi e gli intrecci che fecero della dinastia Savoia una delle più longeve della storia. La lettura del suo saggio ha ispirato un nuovo articolo per la rubrica Abbinamento libro-vino, che da un po’ di tempo, preso da altre letture didattiche, non ho più trattato. Si tratta anche di un abbinamento inedito, non ho mai letto e raccontato fino ad ora un libro a tema storia.

La curiosità di approfondire le vicende di casa Savoia nasce dopo il mio viaggio in Valle d’Aosta. Qui la visita di alcuni castelli e luoghi iconici ha fatto emergere qualche nome sabaudo, ed è nata la voglia di approfondirne la storia.

Amati e odiati, i Savoia hanno rappresentato una dinastia durata ben 9 secoli, una delle più longeve d’Europa. Gianni Oliva compie un ottimo lavoro di ricostruzione per ripercorrere le origini della dinastia. L’autore pone soprattutto un quesito interessante. Come ha potuto una dinastia per certi versi così piccola rispetto ad altre potenze resistere e farsi strada nella storia così lungamente? Fra personaggi iconici ed altri controversi, intrighi di corte e periodi storici più o meno bui, Gianni Oliva risponde raccontando una parte di storia che non è solo sabauda, ma anche italiana.

Perché mi è piaciuto

Il libro di Gianni Oliva è scritto ricostruendo i diversi periodi storici e i loro protagonisti. Non credo sia facile concentrare 9 secoli di dinastia in così poche pagine con tutta la storia che nel frattempo è stata vissuta! Ma la lettura è abbastanza fluida, salvo il perdersi fra i mille nomi Savoia tutti uguali! Il libro mi ha coinvolto, incuriosito, spinto ad approfondire ulteriormente la storia di volta in volta. Alcuni personaggi ed epoche mi hanno appassionato più di altre, e son quelle che vi racconterò in questo articolo. Naturalmente si tratta di sintesi che colgono i momenti salienti, in generale vi consiglio la lettura del libro per inquadrare meglio tutti i contenuti.

I primi capitoli permettono anzitutto di inquadrare le origini della dinastia, anche se è difficile risalire con certezza a dati e fatti più ufficiali. L’inizio del XI secolo è il momento in cui si riesce attualmente a far risalire il tutto, con la figura di Umberto detto il Biancamano, appellativo di fantasia di un cronista trecentesco. “Anche per i Savoia c’è un capostipite che emerge all’improvviso “dal buio di origini non troppo limpide” “, scrive l’autore. Ma con le vicende del Biancamano comincia una cronologia che ci consente di studiare nel tempo la dinastia sabauda. Della prima-fase Savoia, mi ha personalmente interessato il periodo definito “dei tre Amedei“, che comincia con Amedeo VI (n. 1334).

La stagione dei tre Amedei

Con Amedeo VI detto il Conte Verde, per il colore che lo rappresentava negli abiti e negli arredi, la storia inizia ad essere quindi più dettagliata e ricostruibile. Si inseriscono maggiori aneddoti e documenti raccolti e ordinati. Il Conte Verde è  il primo Savoia ufficialmente non indefinito rispetto ai predecessori. Il suo personaggio è ricordato positivamente, un uomo di rilievo e dalla personalità forte tanto quanto inquieta. Nei suoi quarant’anni di governo è abile e astuto nella politica interna ed estera, e nella Torino del Trecento si inserisce con le qualità di quello che oggi potremmo definire leader.

Da questa sintesi emerge il suo spessore storico: Il Conte Verde ha saputo coniugare insieme il passato e il futuro, che è la chiave universalmente valida per essere protagonisti politici del presente”.

Il Conte Rosso

Il capitolo sul Conte Rosso, successore di Amedeo VI, è introdotto dal sottotitolo “tra intrighi e presunti veleni“. Ecco a volte cosa rende tanto accattivante la storia di quell’epoca, il fatto che fondamentalmente fosse tutto un complotto! Amedeo VII è dunque il figlio erede del Conte Verde, che lo succede a 23 anni, sceglie a rappresentarlo il colore rosso. Ha sposato qualche anno prima la duchessa Bona di Berry, originaria da una prestigiosa famiglia feudale. Anche la sua è una personalità che prosegue quella del padre, tuttavia il suo sarà un breve governo. Muore infatti improvvisamente a soli 31 anni  a Chambéry. E’ il “primo grande intrigo di casa Savoia“, ma della morte del giovane Conte non è responsabile nessun maggiordomo! I sospetti ufficiali si concentrano infatti su un medico famoso dell’epoca, Jean di Grandville, convocato dal Conte Rosso per consultarlo sulla possibile cura della sua precoce calvizie. Il trattamento praticato dal medico è un intruglio che oggi definiremo di discutibile efficacia. Ma il due più due è inevitabile quando praticamente in contemporanea a questo trattamento il Conte si ammala e muore improvvisamente.

Non voglio ovviamente svelarvi la fine di questo intrigo!

Amedeo VIII il Pacifico

Successore del padre e del nonno, Amedeo VIII è caratterialmente diverso da entrambi. C’è in lui un carattere più solitario, malinconico, che risente del mancato affetto dei genitori (dopo la morte del padre la madre è partita altrove e si è rifatta una vita). Ma è soprattutto la figura di passaggio dal cavaliere medievale al principe moderno di inizio Quattrocento. Per certi versi nulla di interessante ruota intorno al suo personaggio. Nessuna impresa o conquista rilevante, o atteggiamento carismatico. Il suo concreto tributo è tuttavia dato dal rinnovo del sistema feudale con gli Statuti del 1430. Il suo sarà un lavoro di riorganizzazione amministrativa dei territori, ma anche della contabilità e degli altri aspetti fiscali.

Un po’ di “pepe” sulla figura di Amedeo VIII arriva quando egli si ritira nel monastero di Ripaglia dopo aver ceduto al figlio Ludovico l’amministrazione del Ducato. Ufficialmente si tratta di una scelta compiuta giunto alla vecchiaia e desideroso di avvicinarsi maggiormente alla preghiera e fare penitenza. Di fatto però anzitutto continua a gestire l’amministrazione dello Stato, e soprattutto sembra che la vita al monastero di Ripaglia proceda in via tutt’altro che monacale. Una testimonianza a tal proposito fu servita da Enea Silvio Piccolomini, futuro papa Pio II, che dopo una visita a Ripaglia parla di una vita “assai più voluttuosa che penitenziale”.

Dopo Amedeo VIII i Savoia assisteranno a un periodo buio che durerà circa cent’anni, fra disgregazione e decadenza. E’ frutto certamente della mancanza di adeguate scelte politiche, ma anche di una sorta di arretratezza socio-culturale. Agli albori dello splendore del Rinascimento italiano, il Ducato dei Savoia è infatti ancora vicino al modello medievale.  Il personaggio di rilievo che stravolgerà questa situazione sarà un altro nome importante della dinastia Savoia, Emanuele Filiberto.

Emanuele Filiberto

Emanuele Filiberto è figlio di Carlo II, anch’egli come altri predecessori protagonista di una politica debole che sta portando la dinastia Savoia allo scatafascio. L’ultimo tentativo lucido di salvezza Carlo II lo ha decidendo di mandare il figlio alla corte di Carlo V. Qui spera che possa dimostrarsi valoroso e far riacquisire autorevolezza alla dinastia, muovendosi con diplomazia fra i potenti dell’epoca. Ed è proprio quello che riuscirà a fare. A 17 anni Emanuele Filiberto è infatti già un giovane che desta del fascino. Ha carisma, è sicuro di sé, è astuto, ma sa anche essere al tempo stesso decoroso, diplomatico e formale. Alla corte di Carlo V desta ben presto simpatie. Cerca di favorire i rapporti con l’aristocrazia, organizzando anche eventi ed incontri nonostante le ristrettezze economiche.

Determinante sarà in particolare il suo ruolo nella Battaglia di San Quintino, dove emerse come condottiero valoroso. In seguito alla Battaglia, la pace di Cateau-Cambrésis stabilì la restituzione dei territori sabaudi (nonostante parte di essi rimasero ancora temporaneamente occupate dal re di Francia). Il Duca prestava inoltre anche giuramento che in caso di conflitto fra Francia ed Austria si sarebbe dichiarato neutrale, e in nome di questo giuramento sposò Margherita di Valois, sorella di Enrico II re di Francia.

Il matrimonio  

Ci si può soffermare per una piccola riflessione anche sulla questione delle nozze tra Emanuele e Margherita.

Quello con Margherita di Valois sarà anzitutto un matrimonio celebrato quasi clandestinamente e privo di cortei festosi. Un evento tragico ha infatti anticipato il matrimonio, ovvero un grave incidente subìto dal re Enrico II durante un torneo organizzato per festeggiare le nozze. Si teme per la sua morte, che avverrà in effetti nel pomeriggio dello stesso giorno del matrimonio. Ma non è l’unica nota amara di questa unione.

L’unione con Emanuele Filiberto è la classica trattativa diplomatica e non si trasformerà mai in un amore dal lieto fine. I due avranno un erede, Carlo Emanuele, e una volta nato Emanuele Filiberto considera esauriti i suoi doveri coniugali, e torna a fare un po’ di “bella vita”. Qui potrebbe accendersi un dibattito infinito, ma sappiamo che in quell’epoca erano situazioni molto ordinarie. Quello che colpisce al di là dei vari intrighi, è comunque la figura di due personaggi che rappresentano per la loro epoca.

Alle nozze Margherita arriva ormai 36enne. La sua è una figura che al pari di Emanuele Filiberto può considerarsi valorosa e dinamica, poiché cresciuta secondo una solida educazione umanistica nella Parigi che ha visto alcune forti personalità femminili. E’ lei stessa una donna intellettuale, disinvolta e sicura nei rapporti con gli uomini di Stato. Il loro non si trasformerà mai in un rapporto “d’amore felice”, nonostante fra i due si consolidi un rapporto di stima ed intesa intellettuale. La stessa che porterà beneficio alla conduzione dello Stato.

Ultima curiosità. Pare che una prima ipotesi fosse stata quella di unire Emanuele Filiberto a Elisabetta I di Inghilterra, ipotesi che svanì con la morte di Maria Tudor e l’ascesa di Elisabetta al trono. Sembra inoltre che la stessa futura regina di Inghilterra non sarebbe comunque stata favorevole all’unione, dichiarando “meglio la morte alle nozze con un Savoia”.

Vittorio Amedeo II

La storia legata a Vittorio Amedeo II che mi ha affascinato è legato alla costruzione della Basilica di Superga, luogo che ho personalmente visitato. Con Vittorio Amedeo II siamo intorno tra la seconda metà del 1600 e il 1700. Uno degli eventi più significativi di quel tempo fu rappresentato dalla guerra di successione spagnola. Diremo semplificando che a quei tempi la Francia esercitava una opprimente influenza, e Vittorio Amedeo sapeva che per rivendicare l’indipendenza della Savoia doveva liberarsene. Ne era però al tempo stesso legato in quanto aveva sposato Anna d’Orléans, principessa francese, quindi quando scoppiò la guerra dovette allearsi con la Francia.

Guerra di successione spagnola e assedio di Torino

La causa ufficiale della guerra di successione spagnola era stata la morte senza eredi di Carlo II d’Asburgo. Il controllo della Spagna era così conteso dalle principali potenze internazionali. Ora, il Ducato di Savoia si trovava in una posizione strategica che garantiva un naturale collegamento fra le forze alleate. Segretamente Vittorio Amedeo aveva cominciato a trattare con gli Asburgo, che in caso di vittoria avrebbero potuto garantire l’indipendenza dello stato sabaudo. Uscito allo scoperto e deciso di affrontare Luigi XIV, Vittorio Amedeo è accerchiato da tre eserciti e perde presto i primi possedimenti.

Resiste solo la cittadella di Torino, dove avrà luogo lo scontro finale e risolutivo. Ma le risorse e le forze cominciano a scarseggiare, e a quel punto Vittorio Amedeo chiama in suo aiuto il cugino Eugenio di Savoia-Carignano, che però è momentaneamente impegnato in un’altra battaglia. Riesce tuttavia a venire in suo soccorso e saliti sulla collina di Superga i due cugini studiano insieme una strategia per sbaragliare i francesi e liberare Torino.

E’ proprio qui che Vittorio Amedeo sembra aver fatto un voto alla Madonna, e giurato che in caso di vittoria avrebbe fatto costruire una Basilica. Come è andata a finire? Beh, la foto sottostante l’ho scattata proprio dalla Basilica!

 

Oltre al ruolo decisivo che ebbe durante gli anni della guerra di successione spagnola, possiamo considerare in generale Vittorio Amedeo II un personaggio rilevante nella storia sabauda. Malgrado sia stato ricordato anche per il carattere difficile e collerico, fu un abile politico. Mise in atto una serie di riforme che garantirono al regno una struttura e solidità mai vissute prima.

Drammatica sarà tuttavia la sua fine. Giunto alla vecchiaia, si rende conto di avere meno energia e lucidità e decide di abdicare a favore del figlio Carlo Emanuele III. Tuttavia la sua apparente uscita di scena si trasforma in un insieme di atteggiamenti che rasentano la follia, mentre cerca di mantenere attiva la posizione di controllo degli affari di Stato. Al figlio Carlo Emanuele non rimarrà che firmare l’amara sentenza, quella che lo costringerà a incarcerare il padre in nome del bene dello Stato.

Vittorio Emanuele II re d’Italia

La vicenda politica e umana di Vittorio Emanuele II coincide con la storia dell’unità italiana: per dodici anni re di Sardegna, per diciassette re d’Italia, egli è protagonista degli avvenimenti più importanti del destino nazionale, dall’esordio difficile a Vignale, alla seconda guerra d’Indipendenza, all’incontro di Teano con Garibaldi, alla proclamazione dell’Unità, alla conquista di Roma. (…) A dispetto dell’importanza del suo ruolo storico e della compiacenza dei biografi ufficiali, Vittorio Emanuele è stato in realtà un uomo “normale” per intelligenza e per carattere, nel quale vizi, debolezze e attitudini si sono mescolati senza che un aspetto prevalesse sull’altro: un uomo “comune” nel senso positivo del termine, privo di intuizioni geniali ma dotato di molto buon senso, consapevole delle proprie funzioni e dei propri poteri, ma anche dei propri limiti.

Così Gianni Oliva ci inquadra il personaggio di Vittorio Emanuele II, che vi riporto pari passo perché secondo me sintetizza efficacemente ciò che rende interessante questo capitolo della dinastia Savoia. Un uomo che viene ricordato anche per l’aspetto poco regale e raffinato, più a suo agio in abiti da caccia, con questi baffi importanti che gli conferiscono un aspetto quasi rude. La sua è una spontaneità singolare che se da un lato stranisce dall’altro ci rende la sua persona una figura amabile. Quando morirà nel 1878, lascerà un vuoto vissuto all’unanime dal popolo italiano. Il bilancio dei suoi anni come regnante lo hanno confermato un uomo amato sia come persona che come leader. Dopo la sua morte nascerà il suo mito, e a lui saranno dedicate piazze e vie, monumenti e verrà ricordato negli anni a seguire ancora con lo stesso atteggiamento di affetto e devozione.

Questo capitolo è stato sicuramente uno dei più interessanti, poiché descrive anche una parte di storia molto più attuale e vicina ai giorni nostri. Durante un recente soggiorno a Torino ad esempio ho visitato e respirato molti luoghi che sono legati ai Savoia. E come scrivo anche all’inizio dell’articolo ripercorrendo il libro di Gianni Oliva, la loro storia è anche una storia italiana, e per questo meriterebbe essere approfondita di più. Magari sfogliando un libro mentre si degusta un ottimo Bicèrin al caffè storico!

La regina Margherita

Non potrei concludere questo articolo senza citare anche una delle figure femminili più rilevanti nella storia della dinastia Savoia. Nulla togliere ad altre icone importanti (che non ho citato per non dilungarmi eccessivamente!), ma quella di Margherita resta senza dubbio una delle più apprezzate di sempre. Margherita è infatti ricordata come una donna brillante, intraprendente, capace di comunicare. Incentiva le arti e il buon gusto, e si impegna per dare luogo a incontri e feste dove la nobiltà romana possa avvicinarsi alla monarchia sabauda. E’ soprattutto vicina al popolo, cui si avvicina sempre con umiltà. Ne sa cogliere i bisogni, è capace di ascoltare e muoversi fra la gente comune con la stessa disinvoltura con cui affronta quella aristocratica. Vuole soprattutto essere presente, e lo dimostra presenziando con visite a scuole, orfanotrofi e collegi, ma anche in occasione di calamità naturali.

Insomma, uno spirito contemporaneo e moderno, capace di cogliere anche i cambiamenti di una società che si sta trasformando e che porta con sé anche tanti conflitti.

Piccola curiosità, la regina fu anche appassionata di escursioni, e pare che fino a sei mesi prima di mancare continuò a praticare questa passione. A lei fu dedicata Capanna Margherita, il rifugio attualmente più alto d’Europa. La residenza estiva di Gressoney invece, Castel Savoia, è uno dei più bei castelli valdostani da non perdere assolutamente!

regina Margherita di Savoia

Il vino

Il vino che ho pensato per questo Abbinamento è il Diavolisanti della cantina Bricco del Cucù. Mi ha ispirato a partire dal nome, visti i protagonisti della dinastia, fra “diavoli” e “santi”. Ma successivamente perché è inevitabile pensare al Piemonte quando si parla dei Savoia.

Diavolisanti è un blend di Dolcetto (60%) e Merlot (40%). Considerate che siamo nella terra del Dolcetto, a Dogliani, e proprio qui questo vitigno riesce a dare una grande espressione nel calice. Diavolisanti nasce dalla sfida di voler unire gli opposti. Da un lato il Dolcetto e la tradizione piemontese, il passaggio in botte grande, dall’altro il Merlot con la sua raffinatezza, il passaggio in barrique per elevarne le qualità. Entrambi svolgono i rispettivi tempi in botte per 18 mesi e a questo tempo è fatto seguire un ulteriore riposo in bottiglia di almeno 5 anni.

E’ un vino di carattere, asciutto, intenso, corposo, che bene esprime le sue qualità nel lungo tempo. Il Dolcetto con la sua acidità ne garantisce la longevità, il Merlot regala l’eleganza necessaria a questo vino e ne leviga le parti spigolose, senza togliere identità alla varietà principale. Interessante comunque provarlo proprio a distanza di tempo, come mi è capitato di fare assaggiando bottiglie di diverse annate.

 

Note 

Le immagini sono state scattate personalmente in alcuni luoghi dedicati ai Savoia, come il Palazzo Reale di Torino e il Castel Savoia di Gressoney. In copertina davanti a Palazzo Carignano.