Appunti dalla 33esima edizione

Alla 33esima edizione di Merano Wine Festival a cui ho partecipato ho avuto la possibilità di assaggiare diversi notevoli assaggi che ho voluto appuntare in questo articolo. Io ho potuto partecipare nella sola giornata di domenica, ma mi sono portato a casa un nuovo bagaglio di approfondimenti davvero interessanti. Ho soprattutto spaziare non sono fra eccellenze italiane ma anche internazionali, che quest’anno erano presentate da ben 110 aziende.

Un “ricco bottino” di assaggi e la penna continuamente in movimento per dettagliare dettagli e riflessioni a riguardo. Vorrei scrivere davvero molto di più di quello che già farò, ma per facilitare la lettura ho compiuto una piccola scrematura degli assaggi davvero top per me, anche quando magari ho assaggiato di una singola azienda più vini che complessivamente mi sono piaciuti. Questa prima parte sarà pertanto dedicata agli assaggi italiani, mentre dedicherò un secondo articolo agli assaggi internazionali.

L’evento

Volendo spendere dapprima due parole sul Merano Wine Festival, è stata un’ottima occasione non solo per degustare ma anche per confrontarsi con i numerosi produttori ed altri esperti del settore.

Ora dico qualcosa che suonerà come eresia, ma per me è stata la prima edizione a cui ho partecipato. Dopo l’evento ho letto nei giorni a seguire post e commenti vari di amici e colleghi che vi hanno ugualmente preso parte, alcuni di loro hanno potuto vivere il Merano Wine Festival anche molto più da vicino. La sensazione è quella che nonostante siano diversi gli eventi di settore importanti, qui al Merano Wine Festival ci sia una energia diversa e unica. C’è davvero un alto livello di competenze che ruota intorno a questa iconica manifestazione, a cominciare dal fondatore Helmuth Köcher, che  da sempre ha voluto fare di questo evento un punto di riferimento costante e mantenere elevato lo standard di selezione. Ma come si ottiene un premio Wine Hunter? I criteri di valutazione tengono conto di (fonte winehunter.it):

  • intensità
  • complessità
  • eleganza
  • straordinaria personalità
  • materia prima
  • tradizione
  • sostenibilità
  • professionalità
  • produzione artigianale
  • vitigni autoctoni
  • territorialità.

Come si può notare, alla qualità oggettiva di un vino sono affiancate caratteristiche ugualmente significative come il tema sostenibilità – sempre più caro al fondatore – o vitigni autoctoni, a valorizzare le tipicità di ciascun territorio.

Sì, per me è stata la prima edizione, ma con lo sguardo maturo di chi nel settore già ci lavora, e al tempo stesso lo sguardo meravigliato di chi sa che c’è sempre molto da imparare. Grazie pertanto indirettamente a tutti coloro che contribuiscono a questo, in primis proprio al patron Helmuth Köcher.

Le aziende e i vini degustati

Cantina Barollo

Cantina Barollo è stata senz’altro una delle scoperte più sorprendenti. L’azienda è situata a Preganziol, ed è praticamente mia vicina di casa poiché da poco abito nel comune confinante.

La maggior parte delle volte nelle stesse zone si trovano vini buoni ma generalmente più semplici ed “entry level” salvo qualche riserva di maggiore struttura e complessità. Cantina Barollo si distingue per portare una alta qualità sin dai prodotti base, ma è proprio con le riserve che conquistano nel calice.

I miei assaggi preferiti sono stati proprio le loro riserve. Il loro Chardonnay, ricco di grande finezza, con note iniziali di acacia, vaniglia, cera d’api e agrumi, poi più fresche, a contrastare favorevolmente le sensazioni morbide. Equilibrato al palato, è destinato anche a una lunga evoluzione in bottiglia. Ottimi anche i rossi riserva a base di Pinot noir e Cabernet franc. Il Pinot nero mi ha totalmente spiazzato, perché alla cieca non scherzo se dico che lo avrei scambiato per un vino altoatesino! Finezza ed eleganza al naso squisitamente definite nella complessità dei profumi: dapprima frutti rossi, poi note di sottobosco e terra. Asciutto, equilibrato, piacevolmente intenso e nobile.

Un’altra bella sorpresa il Cabernet franc. Solitamente quello che si beve da queste parti è un Cabernet franc asciutto, erbaceo. Quello di Barollo è un vino dotato nuovamente di classe ed eleganza, note sì vegetali ma nobili, ben integrate con sentori di marmellata e frutti rossi. Un vino austero, asciutto ed equilibrato.

Barollo Pinot nero Frank Cabernet franc Barollo

Cantina Baglio di Pianetto (Sicilia) 

Con Baglio di Pianetto, altra intrigante scoperta nel corso della manifestazione, ho conosciuto quella che mi è stata introdotta come la “Sicilia di altura”. La proprietà dell’azienda, che si trova in provincia di Palermo, raggiunge infatti anche i 900 metri slm, beneficiando di un assetto pedoclimatico molto favorevole. Elevate escursioni termiche, ventilazione costante, terreni soprattutto argillosi e ricchi di minerali. I loro vini che ho preferito sono stati il Viafrancia bianco, blend di Grillo, Insolia e Viognier, un vino dotato di freschezza e slancio, ma soprattutto eleganza, buona intensità e interessanti spunti di complessità. Dalle note agrumate a quelle di frutta esotica, a ulteriori note vegetali dai richiami balsamici.

Ottimo anche il loro Syrah, dove si alternano squisite note di frutti rossi e cacao, a toni più speziati. Al palato è asciutto e denso, ma altrettanto rinfrescante, con un piacevole richiamo anche al palato delle note olfattive.

Ma davvero intrigante è stato un off-topic portato dall’azienda, il vino Ficiligno annata 2001. Si tratta del vino che ha ispirato l’attuale Viafrancia bianco, ma il blend dell’epoca era composto solo da Viognier e Insolia. Impressionante a cominciare dal colore, che nel calice rifletteva luminose tonalità verde oliva! Una freschezza disarmante, ma anche complessità, un vino articolato in evolute note di agrume e ananas disidratato.

Viafrancia bianco Baglio di PianettoFiciligno bianco Baglio di Pianetto

Cantina Vallepicciola (Toscana)

Cantina Vallepicciola rappresenta una realtà abbastanza giovane, che avvia la propria produzione moderna intorno al 2016. Valorizzare il territorio per loro significa anche preferire più possibile la vinificazione in purezza delle singole varietà che meglio possano esprimerne il potenziale. Mi sono piaciuti un po’ tutti i loro vini, ma ho trovato particolarmente intrigante il loro Vallepicciola bianco e il Vallepicciola rosso. Il primo è un vino a base Chardonnay in purezza, che sosta in cemento, svolge malolattica in tonneaux e affina in barrique francesi. Qui ho trovato particolarmente ben dosato l’uso del legno, che non è risultato affatto invadente e ha semmai contribuito a dare un tocco di prestigio al vino. Profumi fini, profilo agrumato e minerale, al palato piacevolmente avvolgente e grasso. Seconda annata prodotta, appena 2000 le bottiglie disponibili. Bel potenziale evolutivo da esplorare nel tempo.

Il Vallepicciola rosso è invece un Sangiovese in purezza le cui uve provengono da vigne vecchie circa 40 anni. Presenta un bel colore luminoso, un naso austero dai richiami vegetali e di sottobosco, cuoio. In bocca è asciutto, presenta un tannino abbastanza vivace ma ben integrato. Anche per questo vino il potenziale evolutivo c’è, e sarebbe bello esplorarlo!

Vallepicciola bianco Chardonnay Vallepicciola rosso

Altri vini toscani

Altre belle soddisfazioni dalla Toscana sono state l’azienda Piaggia con i suoi vini da Carmignano, una Toscana che a me piace molto. Squisito il loro Sasso, un naso esplosivo e ricco di note di frutti rossi, pepe e toni mentolati. Acidità e freschezza, palato asciutto e dal finale sapido. Il blend per questo vino prevede 70% Sangiovese, 20% Cabernet sauvignon e 10% Merlot, ed è lo stesso impiegato per il Carmignano Riserva, che sosta però almeno 3 anni in barrique. Ha un profilo più maturo e complesso, maggiore intensità gusto olfattiva ma una chiusura del palato leggermente più avvolgente.

Infine il Montalcino di Marroneto, un nobile ed austero Brunello dotato di elegantissime e fini note olfattive, e che anche da giovane offre equilibrio gustativo. Spiccano fra tutte le fresche note di piccoli frutti rossi, in sottofondo elementi terziari con richiami di cuoio e sottobosco.

Carmignano Il Sasso Piaggia Brunello di Montalcino Il Marroneto

Petrussa (Friuli Venezia Giulia)

Di cantina Petrussa ho da segnalare il loro Schioppettino 2021, presente nella versione classica e con il Sant’Elena. Quest’ultima prevede l’impiego di uve provenienti dal vigneto storico di Albana di Prepotto collocato sotto la chiesa di Sant’Elena. Un terroir di origine alluvionale in prevalenza sabbioso misto a marne dona carattere e complessità al vino. Rispetto alla versione classica ha maggiore spinta aromatica. Ho apprezzato il carattere speziato, con una bella punta di pepe che mi ricordava quello agrumato di sezchuan, poi piccoli frutti rossi, lieve sottobosco. Asciutto e dal tannino maturo, piacevole persistenza.

Schioppettino Sant'Elena Petrussa

Gorghi Tondi (Sicilia)

Ancora una sorprendente Sicilia con Gorghi Tondi, azienda di Mazara del Vallo collocata su una posizione invidiabile e spettacolare. Di loro ho provato solo due vini, entrambi due eccellenze. Sono stati il Grillo riserva e il loro muffato sempre a base di uve Grillo, vino di cui godono decisamente l’esclusiva. Ma a partire dal Grillo riserva, il loro Kheirè, è un bianco che mi ha molto colpito. Ricco di quel carattere mediterraneo che tanto amo trovare nei vini bianchi del sud, è un vino che sa rendersi pieno nel calice tanto quanto fine ed elegante. Squisiti i sentori speziati, le note di zafferano, cera d’api e albicocca disidratata. Un sorso asciutto, intenso e salino, gradevolmente persistente. Non smettevo di annusarlo nonostante la delicata quanto persistente piacevolezza olfattiva!

Il loro muffato è un’altra vera chicca. Grazie alla posizione dei filari e la vicinanza col mare, si creano le condizioni ideali per lo sviluppo della muffa nobile che attacca le uve, vendemmiate poi tardivamente. Intensità ed eleganza descrivono questa rarità, che si racconta con sentori di noce e fiori gialli secchi, una punta di cenere e una buona mineralità.

Gorghi Tondi Kheirè Muffato grillo Gorghi Tondi

Argiolas (Sardegna)

Storica e pluripremiata realtà sarda, da Argiolas ho fatto una piacevole sosta alla scoperta di Is Solinas, il loro Carignano del Sulcis Riserva 2020  e per assaggiare il loro iconico Turriga annata 2020. Siamo anzitutto nella Sardegna sud-occidentale. Per il Carignano è ideale habitat, e beneficia dei terreni poveri e sciolti, a ridosso del mare, che favoriscono la concentrazione e l’intensità aromatica e strutturale. Viti a piede franco. Dopo una sosta in cemento per lo svolgimento della fermentazione malolattica, affina ulteriormente per 15 mesi circa in botti di rovere che conferiscono complessità e ulteriore ricchezza organolettica, più un altro anno in bottiglia. Nel calice è ricco e ampio, avvolgente, austero.

E del Turriga cosa posso dire che non sia già stato detto? Che è una piacevole conferma. Alcuni vini diventati “grandi” nel tempo mi è capitato che venissero serviti quasi con risolutezza, note sbrigative, consapevoli solo di essere grandi etichette. Il Turriga mi è stato servito con eleganza, calore, quasi come se fossimo vecchi amici che avessimo deciso di aprire una bottiglia insieme. La consapevolezza di servire un grande vino non ha sopraffatto il piacere di raccontare ancora la storia di questa celebre etichetta sin dall’inizio, e così sarebbe bello che tutti i grandi vini venissero serviti!

Is Solinas Carignano del Sulcis Riserva Argiolas   Turriga 2020 Argiolas

Lunae – LVNAE (Liguria)

Davvero da molto tempo non riassaggiavo i vini di Lunae e questa occasione è stata perfetta! La conferma dell’alta qualità dei loro prodotti mi è arrivata degustando due eccellenti vini a base di Vermentino.  Il loro Cavagnino Vermentino in purezza rappresenta uno dei cru storici dell’azienda. Il mosto fermenta per un 60% della massa in acciaio e per il restante in barrique, con ulteriore affinamento sulle fecce fini in acciaio per 6 mesi. L’impronta aromatica alterna note intense di agrumi a una decisa mineralità. Asciutto e intenso anche al palato, dove ritornano le componenti già individuate al naso.

Ottimo anche Numero chiuso, un altro Vermentino in purezza prodotto solo nelle migliori annate e in pochissime bottiglie complessive prodotte. L’idea di produrre questo vino nasce dall’intuizione del potenziale evolutivo del Vermentino che in alcune annate particolarmente valide esprimeva carattere e complessità anche dopo diversi anni di riposo in bottiglia. Dopo la fermentazione in acciaio questo Vermentino riposa per 18 mesi in una botte da 20 hl e ultima il suo affinamento in bottiglia per un altro anno e mezzo circa prima della messa in commercio. Un’ottima chicca da esplorare ed apprezzare nel tempo. Il suo è un carattere speziato e balsamico, che rivela anche piccole note di cenere. Asciutto e di buon corpo e persistenza al palato.

Vermentino Cavagnino cantina Lunae  Numero Chiuso Vermentino cantina Lunae

Concludo così la mia prima parte di assaggi, e mentre comincio già a scrivere la seconda parte dedicata a quelli internazionali vi aspetto per condividere ulteriori confronti e vini degustati al Merano Wine Festival.

 

Alla prossima!