Di vino in Valle d’Aosta (prima parte)
Bentornati dalle vacanze – a chi c’è già stato – e buone vacanze a chi invece deve ancora andare! Io, a pochi giorni dal mio rientro dalla Valle d’Aosta, conservo ancora tutta la bellezza dei luoghi che ho visitato, e dei sapori che ho assaggiato. Nello specifico, per quanto riguarda il tema vino, ciò di cui voglio parlarvi oggi è la realtà di Rosset Terroir, azienda i cui vini mi sono molto piaciuti e che ho ritenuto interessante raccontare qui nel blog.
Prima però una doverosa introduzione per raccontare brevemente questa piccola regione, affinché possiamo tenere a mente alcune delle sue peculiarità che la contraddistinguono.
Viticoltura eroica
La Valle d’Aosta viene menzionata ancora poco quando si parla di vino, ma se ne sente sempre parlare fra le realtà che conducono un tipo di viticoltura definita eroica. La predisposizione territoriale, infatti, rende difficile praticare una viticoltura più tradizionale e molte aree vitate sono organizzate in terrazzamenti talvolta molto ripidi. Questo aspetto la rende al contempo affascinante, poiché siamo tutti tendenzialmente curiosi di assaggiare vini prodotti in zone così estreme.
Eppure come vi ho accennato la “fama” della Valle non è al tempo stesso così nota come altre. La sensazione è che si tratti di una realtà complessivamente più “giovane”, che non da molto ha iniziato un produttivo cammino verso la qualità e la valorizzazione del proprio territorio. Nonostante il riconoscimento della DOC -l’unica della regione-sia avvenuta a inizio anni ’70, la costituzione di un Consorzio di tutela è avvenuta solamente nel 2022.
Inoltre la stessa conformazione del territorio di cui già accennato, non favorisce la produzione di numeri sostanziosi di bottiglie. Si parla di poche mila bottiglie per produttore, cifre che ostacolano la possibilità di una maggiore diffusione sul mercato.
D’altra parte però, questioni di mercato a parte, non stiamo facendo “a gara”: non siamo alla ricerca di eleggere la realtà territoriale migliore in assoluto. Siamo semmai più inclini a dedicare più attenzione a tutti quei territori che sappiano raccontarsi e valorizzarsi attraverso le proprie peculiarità. E su questo aspetto, rispetto al passato, in Valle d’Aosta si comincia a lavorare con maggiore intraprendenza. Certo necessario sarà anche un adeguato lavoro di comunicazione, ma anzitutto di conversione a una viticoltura di qualità.
Proprio quel suo territorio impervio la rende così speciale. Vi posso garantire che percorrere in lungo e in largo le sue bellissime vallate, è qualcosa che tocca il cuore. Si percepisce inoltre la cura e il riguardo per tutti quei luoghi che tanto incantano quando li si visita. Scoprirne le bellezze anche enologiche è stato un piacevole ed inedito viaggio, poiché fino ad oggi avevo degustato a mia volta molto poco di questa regione.
Rosset Terroir
Una realtà che fra quelle valdostane merita senz’altro attenzione è Rosset Terroir. La sede aziendale si trova nei pressi di Aosta, a Quart, ma i vigneti sono dislocati in più punti della Valle. Fra le zone di produzione più interessante c’è quella di Villeneuve: qui infatti i vigneti raggiungono la quota fino anche a 900 metri.
I proprietari nascono inizialmente come distillatori, ed è infatti a loro intestata l’azienda Levi. Successivamente nel 2001 l’investimento anche sulla viticoltura e l’idea fu da subito quella di puntare sulla qualità e sulla valorizzazione dei prodotti e del territorio. I primi vigneti impiantati furono Cornalin, Syrah e Chardonnay.
Da Rosset Terroir si respira un’aria dinamica e intraprendente, e un ambiente molto curato e accogliente. Ho avuto l’occasione di assaggiare alcuni loro vini e devo dire che preferenze personali a parte, in tutti ho potuto apprezzare una notevole stoffa e qualità.
I vini
Petite arvine 2022
È la versione d’entrata di questo vitigno: infatti è con il Sopraquota che l’azienda ha puntato a valorizzare ulteriormente questa varietà. È un vino energico, saporito, che tuttavia conquista per il suo saper essere intenso e fine. Il naso è ampio, dai richiami floreali e di frutta esotica, agrumi. Presenta freschezza bilanciata, piacevole persistenza, palato asciutto e non spigoloso, è un vino molto accattivante. Intrigante anche i sentori olfattivi di “fine bicchiere”, con piacevoli note di mallo di noce, prugna, ginepro e liquirizia.
Chambave muscat 2022
Una proposta dedicata a chi ama trovare nel calice una componente aromatica più ricca. Io ad esempio tendenzialmente non amo molto gli aromatici, ma ciò che mi è piaciuto di questo vino è che la ricchezza di profumi era inebriante e di carattere più vegetale e agrumato, con piccoli cenni balsamici, di salvia e sambuco. Al palato è largo e avvolgente, molto equilibrato e dal finale asciutto e pulito. Viene lavorato interamente in anfora, con affinamento sulle bucce per circa 6 mesi.
Sopraquota 2020
Come anticipato il Sopraquota è una loro selezione di Petite arvine, il cui nome deriva dal fatto che i vigneti si trovano in quota (900m). E’ un vino per cui è previsto un affinamento diviso in quattro contenitori diversi: anfora, acciaio, legno e orcio (nello specifico orcio di origine toscana, particolarità che ho trovato durante la visita – vedi foto copertina). Assaggiamo una 2020, dunque ancora giovanissimo, ma la percezione è quella di un vino destinato a una vita medio lunga. Questa proposta di Petite arvine aiuta infatti a comprendere come questa varietà sia predisposta a un’interessante evoluzione in bottiglia. Il vino si rivela molto fine e complesso. Arrivati a questo assaggio noto con piacere che finora la finezza è stata un filo conduttore fra i diversi assaggi. Presenta note morbide di burro, crosta fiorita, unite ad altri sentori minerali e di pepe bianco. Evolve nel calice con ulteriori note più eteree, con cenni di cera e idrocarburi. Al palato è asciutto, fresco, equilibrato e prestigioso.
Chardonnay 2021
Per questo vino è prevista la fermentazione spontanea in barrique e si cerca di dosare adeguatamente il legno per mantenere comunque pulizia nel calice finale. Presenta un’intensità olfattiva abbastanza decisa con sentori morbidi, note vanigliate e spezie dolci. Molto avvolgente e vellutato al palato, sostenuto da una franca freschezza.
Nebbiolo 2022
Il Nebbiolo è una varietà che adoro, e mi mancava ancora di assaggiarlo in terra valdostana. Qui il Nebbiolo è chiamato Picotendro, e si arricchisce di quelle sfumature tipiche del vino di montagna. E’ previsto un affinamento in botte grande e barrique. L’uso bilanciato del legno, che per il Nebbiolo gradisco molto, consente di valorizzare le qualità del vitigno. Il colore luminoso e aranciato invita immediatamente a conoscere questo vino. Si apre con profumi di cacao e frutti rossi, cuoio e cenni speziati, note di carruba. Il sorso complesso ma slanciato, fresco, invitante, permane nel palato con buona persistenza e tannino equilibrato.
Pinot nero 2021
Un Pinot nero fatto bene mi conquista sempre perché è incredibile quanta eleganza possa rendere al calice! E soprattutto mi piace assaggiare confrontare le diverse zone di produzione interessate alla coltivazione e valorizzazione di questo vitigno, pur non dimenticando la “sovranità” della Borgogna.
Quello di Rosset Terroir è un Pinot nero coltivato in quota, a 850 metri, per un’esigua produzione di circa 2000 bottiglie. Un vino raffinato, elegante, dai richiami fruttati di arancia rossa e amarena, frutti di bosco, cacao e spezie.
Syrah 2021
Inedito anche il Syrah valdostano, finora di italiani ho provato quelli prodotti in Toscana o Sicilia. Quello degustato qui ha rivelato un bel carattere ricco e buona struttura. Per questo vino è previsto un passaggio in parte in tino, in parte in barrique, in anfora e in orcio. E’ asciutto ma con decise note di frutta sotto spirito, note balsamiche, pepe, sottobosco e cuoio. Il palato denso, sostanzioso ma ben equilibrato. Un vino molto giovane che potrà stupire anche nel tempo.
Lentamente
La Valle d’Aosta, questa piccola regione che mi ha letteralmente rapito ed affascinato per i suoi fantastici paesaggi e storia, ha saputo coinvolgermi anche per la sua enogastronomia.
Sono convinto che il lavoro portato avanti da aziende come Rosset Terroir possa senz’altro contribuire ad affermare la realtà valdostana come territorio vocato per la viticoltura nonostante le sue caratteristiche aspre ed impervie. Forse la strada è meno immediata e scorrevole, ma sappiamo che parte della magia di ogni calice di vino sta proprio nel tempo e pazienza dedicati, che ripagano tantissimo.
Mi ha affascinato tantissimo conoscere le sfumature di un territorio eroico, perché è fantastico nuovamente cogliere la sinergia che può crearsi fra uomo e natura. Mi hanno da sempre insegnato che un vino nasce dalla terra prima che in cantina, e proprio imparare a conoscere la propria terra, può permettere al viticoltore di valorizzarne le risorse e la tipicità.
Piccolo post scriptum tratto dalla guida Gambero Rosso
Un interessante introduzione alla Guida Gambero Rosso “Vini d’Italia 2024”, offre una ulteriore analisi che voglio condividere con voi.
(…) ci si rende conto che i numeri del vino regionale lo condannano inesorabilmente a rimanere entro i propri confini e ad aspettare gli stranieri in casa. (…) il potenziale che offre il clima di montagna e la diversità dei suoli è indubbio, ma è più rassicurante non prendere rischi e stare tranquilli in attesa. Il problema è che così facendo non si cresce e il mercato, anziché aggredirlo, lo subisci. Molti vini locali sono senza lode e senza infamia, sono piacevoli ma spesso un po’ banali e non riescono o non vogliono fare il passo successivo, quel passo che gli permetterebbe di entrare alla corte dei grandi vini. Come in tante altre regioni del nostro Paese, sono troppi i viticoltori che disperdono le proprie forze, coltivando tanti vitigni solo per motivi commerciali, senza mai capire fino in fondo quale sia la vocazione del luogo.
Grazie di cuore a Rosset Terroir per l’accoglienza e a voi a presto con una seconda parte dedicata alla Valle d’Aosta del vino!