Spirito mediterraneo
Isola d’Elba e vino: oggi vi porto a conoscere un territorio che ha saputo conquistarmi sin da subito, dandomi l’opportunità di approfondire una realtà enologica inedita per me.
La mia prima volta all’Isola d’Elba mi ha lasciato delle bellissime sensazioni. Questa terra dai tratti a volte più selvaggi a volte più docili, conquista per questa sua anima mediterranea che appare pittoresca nei suoi vari scorci e ritagli di mare da godere durante l’on the road che ti porta a girarla tutta.
Tendenzialmente amo i vini che sono prodotti in territori affini, perché mi piace perdermi nei sentori salini, sapidi, di macchia mediterranea con tutte le sue varie erbe spontanee e aromatiche e i suoi frutti intensi. Contavo di trovare qualcosa del genere nei vini elbani e devo dire che non sono rimasto deluso.
La perla enologica dell’Isola è rappresentata dall’Aleatico passito, annoverato come DOCG. Oltre a questa varietà sono coltivare altre uve a bacca rossa quali soprattutto Sangiovese e Syrah. Fra i vitigni a bacca bianca invece soprattutto Ansonica e Vermentino, ma anche Procanico e Viognier (che possono rientrare nella composizione ad esempio dell’Elba DOC).
Perdersi fra le strade che collegano le varie destinazioni tipiche è anche ammirare un paesaggio che svela la propria natura talvolta incontaminata. Gli infiniti sprazzi di colore degli oleandri, la terra rossa, gli arbusti e i mirti sparsi che si alternano con ordinato disordine dai cigli delle strade alle viuzze più nascoste e percorse mentre si scende a mare.
Mi ricorda la citazione di Pascoli ripresa dalle Bucoliche di Virgilio:
Non omnes arbusta iuvant humilisque myricae – (“Non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”)
Un verso che celebra ed eleva la semplicità delle piante spontanee, nonché la natura stessa.
Insomma una terra così mi avrebbe fatto innamorare anche dei suoi vini? Sono soprattutto due le aziende che durante il mio viaggio ho scoperto ed apprezzato, ovvero cantina Cecilia e cantina Antonio Arrighi.
Cantina Cecilia
Percorrendo la stradina che porta all’ingresso della cantina, sono accolto da una curiosa forma geometrica della cui presenza non so dare spiegazione. La trovo appena scopro la storia di questa realtà vitivinicola collocata a Marina di Campo: cantina Cecilia nasce infatti dall’anima di artistica dell’ingegnere milanese Giuseppe Camerini. Dopo 50 anni di andata e ritorno dall’Isola, Camerini decide di investire nella propria passione per la viticoltura, partendo proprio dal podere di Marina di Campo. Oggi l’azienda è rimasta ai nipoti, ma il Camerini – che la condusse per circa 10 anni – ha lasciato qui la sua impronta anche come artista. Le etichette colorate dei vini riportano infatti una grafica che risalta un motivo geometrico risultato da incastri e tassellature. Il Camerini lo ha ideato ispirandosi al fisico Penrose, e potete trovare la spiegazione più dettagliata della storia in questa pagina.
I vini
I miei assaggi preferiti fra i vini degustati sono stati anzitutto l’Ansonica. L’omonimo vitigno è in grado di dare vini freschi tanto quanto ricchi di maggiore spinta gustativa, tuttavia è ideale consumarlo entro i primi anni. L’Ansonica di cantina Cecilia nasce da terreni prevalentemente limosi e sabbiosi, e subisce passaggio in solo acciaio. Piacevolmente intenso con toni di frutta fresca tropicale, mineralità e note iodate, al palato sapido e asciutto. Un calice che mi porta piacevolmente in questo territorio di mare.
Interessante anche il loro Vermentino, soprattutto se comparato ad esempio a quello sardo, riflette piacevoli sfumature vegetali e note di mandorla, sorso sapido e di media intensità.
Il loro Elba rosso, composto da 80% Sangiovese e 20% Syrah, è invece un vino dai sentori succosi e di frutta rossa fresca croccante, reso intrigante da una componente speziata. Al palato agile e non eccessivamente tannico, di buona acidità, perfetto considerato anche per certi abbinamenti di mare.
Più complesso ed intenso il loro Syrah, vino più maturo e di corpo per cui è previsto un passaggio in barrique di circa 15 mesi. Il vigneto cresce su terreni prevalentemente argillosi e ricchi di quella terra rossa caratteristica che si scorge anche in altri punti dell’isola.
Chiude la chicca finale, il loro Aleatico passito, dagli squisiti sentori di ciliegia e frutta rossa polposa, vellutato e di buona intensità.
Cantina Arrighi
Ci spostiamo nei pressi di Porto Azzurro, meta elbana molto carina e vivace. L’arrivo a cantina Arrighi è già inizialmente suggestivo anche se il vero tocco mozzafiato è la vista che si gode dopo una breve escursione fra i vigneti, apprezzabile anche seduti dalla panchina gigante posta su una collina (vedi foto di copertina).
Diverse citazioni letterarie e poetiche sono affisse lungo il cammino, una completa immersione avvolti da una natura mozzafiato. Mi fa sorridere ritrovare qui anche un filare del mio amato Manzoni bianco!
La mia visita da cantina Arrighi dura giusto il tempo di assaggiare qualche prodotto e di fare la breve escursione sino alla panchina panoramica. Ma meriterà sicuramente una visita più accurata perché altri dettagli curiosi hanno catturato la mia attenzione. A cominciare da questa particolare cesta.
Un vino dal passato
Si tratta di una cesta impiegata per l’immersione delle uve di Ansonica in acqua di mare. L’idea di produrre un vino con questa tecnica nasce dalla voglia di ripercorrere le tracce del mitico vino di Chio. Questo vino era prodotto nell’antichità nella zona dell’Egeo e considerato di pregio per la sua aromaticità e serbevolezza. Per produrre questo vino si sfruttava la tecnica di immersione delle uve in mare tramite apposite ceste, che ne assorbivano per osmosi il sale e al tempo stesso favorivano l’appassimento al sole.
Un altro dettaglio notato è la presenza di anfore, che mi ha fatto supporre che l’azienda le usasse per il passaggio di una qualche varietà di vino. Considerazione ovviamente azzeccata, e che anzi ha a che fare proprio con la produzione, fra l’altro, del loro Nesos, il vino con cui vogliono riportare alla luce l’antica tecnica di produzione del vino di Chio.
Anche qui in Isola d’Elba sembrano infatti esserci le condizioni ideali per produrre un vino simile, a cominciare dal vitigno Ansonica che qui cresce dotato di una buona buccia spessa e utile all’appassimento. Lo stesso vitigno sembra tra l’altro derivare da un incrocio di due varietà originarie proprio dalla zona dell’Egeo.
Fondamentale nella sua produzione è poi anche il passaggio in anfora, che grazie alle sue proprietà mantiene il vino e non cede sentori terziari in più.
Purtroppo non mi è stato possibile degustare questa chicca il giorno che sono passato in azienda ma come accennato varrà sicuramente la pena soddisfare la curiosità in futuro!
I vini
La scelta della terracotta è tuttavia impiegata anche per altri vini. Un altro Ansolica in purezza ad esempio, il Valerius, che vi affina con prolungata macerazione sulle bucce. Un vino intenso, salino, mediterraneo, di squisita persistenza. Ma anche Hermia, un 100% Viognier che provo con molta curiosità. Mi colpisce per i suoi sentori maggiormente vegetali, sino a note di uva spina e ribes bianco, di buona freschezza soprattutto anche una piacevole eleganza nel calice.
Più fresco e slanciato è Arembapampane, un Vermentino in purezza il cui nome che richiama un vento tipico. Nonostante sia prodotto a partire dal Vermentino e mantenga una piacevole grinta, è un vino dai toni più freschi e una beva che si fa quasi slanciata.
Il loro Tresse è infine un accattivante blend di Sangiovese, Syrah e Sagrantino, gran rosso di carattere e personalità. Mi ha molto colpito per il suo equilibrio, la sua intensità e l’assenza di note spigolose.
I vini di Arrighi mi hanno soprattutto convinto per la loro qualità, e tutti mi hanno fatto fare un piacevole viaggio anche nel calice alla scoperta di una terra che ho apprezzato dall’inizio alla fine.
Terra da amare
L’Elba è una terra da amare. La passione per il vino porta spesso e volentieri a viaggiare curiosi di approfondire le varie realtà enologiche, e quando si scoprono territori così piccoli ma ricchi è sempre una soddisfazione. Sono sicuro che si tratti di una realtà vitivinicola ancora poco conosciuta che potrà regalare belle soddisfazioni nel tempo, e in particolare per i suoi bianchi è una zona che mi ha colpito positivamente.
Anche la prossima meta estiva mi porterà alla scoperta di un territorio piccolo e forse un po’ rimasto in ombra. Un’altra esperienza inedita che non vedo l’ora di fare e raccontare!
E voi siete mai stati in Isola d’Elba?