Ebbrezze
Il mio primo assaggio di Sandro de Bruno è già epico, un Soave Superiore 2013. È una bottiglia che mi porta un amico scegliendola per cena, ma di Sandro de Bruno ho già sentito parlare, e sempre positivamente.
Parlo di questo calice un po’ d’impatto, con la voglia di buttare giù due righe qui, visto che ultimamente il tempo per scrivere è stato poco (news e cambiamenti in corso!). Era il calice giusto per prendersi il tempo di farlo.
Il tempo di versarlo nel calice, alla cieca, e già suscita curiosità per il suo colore intenso dai toni ambrati. In trenta secondi di naso sembra già dire “keep calm and sit down”, come amano fare quei vini che non ammettono degustazioni veloci e sbrigative. Che ti ricordano in effetti cosa c’è di bello nella degustazione del vino, che sappiamo essere quasi una forma d’arte più che semplice tecnica.
Ho l’impressione che vini come questo vadano comunque al di là di qualunque aggettivo a cui solitamente ci si affida per cercare di descriverlo con più entusiasmo possibile. Certi vini a mio avviso sono quasi più evocativi, e le prime parole con cui ti viene da descriverli sono per lo più delle immagini o dei ricordi.
Ecco, a me questo ha ricordato il Soave Superiore di Sandro de Bruno. Un attimo di imbrunire di quasi fine estate. Il calore del sole che tramonta, la brezza fresca che sale, un pizzico di sale di mare che ti rimane attaccato sulla pelle. Un sorso di tempo, un’ebbrezza.
Questo calice cade al momento giusto, e sono contento di averlo assaggiato.
Ora però ci tengo a dire lo stesso anche un po’ di quegli aggettivi che son tanto belli da usare per parlare di un vino!
Raffinata mineralità
Questo bellissimo Soave di Sandro de Bruno a mio avviso sprigiona una mineralità che potrebbe essere quasi definita raffinata. Nel suo essere esplosiva e immediata, si prende comunque la briga di rivelarsi nel calice con grande finezza, costanza e lunghezza. Il richiamo alle note di salsedine è un tocco squisito che contrasta l’impattante nota di albicocca candita, sentore che introduce e pervade lungamente il calice. E ancora: zafferano ed altre spezie, toni agrumati e un leggero sottobosco. Tutti gli accenni terziari – è un 2013 – si aprono precisi e graduali.
Infine il palato, fresco ed equilibrato, conferma le espressioni olfattive lasciando un tocco finale quasi mediterraneo.
Il trasporto è inevitabile quando si degustano vini come questo!
Una piccola considerazione sulla Garganega è doverosa: un vitigno davvero polivalente, che sa regalare grandi espressioni di territorio. Non teme nemmeno il passare del tempo, e anzi è proprio il tempo che talvolta sa dare il tocco finale prezioso completando un buon lavoro fatto prima in vigna e cantina. E se in questo caso consideriamo il lavoro di Sandro de Bruno, non possiamo che lodarlo. Per me è stato un calice introduttivo al suo stile, che mi ha sicuramente invogliato ed incuriosito ad andare a trovarlo in cantina!
E voi conoscevate questa realtà? Alla prossima!