Ritorno in fiera
Si è da poco conclusa l’ultima edizione di Vinitaly, un evento super atteso dagli appassionati e operatori del settore vino, dopo 2 anni di sospensione. Un’edizione ricca e animata, con più di 4mila aziende espositrici e tantissimi visitatori. Torno anch’io per la terza volta, da quando lavoro nel settore vino, felice di potermi perdere tra i numerosi stand della fiera ed assaggiare tanti vini nuovi. Quest’anno mi porto a casa un piccolo obiettivo personale: esplorare soprattutto le regioni del Centro-Sud Italia, che finora conoscevo meno. Non sono mancate le belle scoperte fra Basilicata, Campania, Sicilia e Sardegna soprattutto, ma la curiosità mi ha portato anche in Puglia, Molise e Trentino, con una brevissima tappa in Toscana. Purtroppo ho partecipato al Vinitaly solo un giorno e tante sono state le tentazioni! Nonostante il breve tour fra i padiglioni, ho selezionato diversi assaggi interessanti, che comincio a raccontarvi in questa prima parte.
I miei migliori assaggi
Basilicata
Quando programmi un tour al Vinitaly ti immagini che comincerai con vini “leggeri”, con una rigorosa progressione che preveda magari una partenza “light” con qualche bolla e, a salire, con vini più impegnativi. Io invece son partito in bomba dal padiglione che ospitava Basilicata, Puglia e Molise, e quindi con un bel calice di Aglianico del Vulture! Ma sono rimasto subito sorpreso di trovarlo non solo nella sua veste tradizionale di grande vino rosso.
Due aziende interessanti mi hanno fatto conoscere questo emblematico vitigno e vino, coltivato e prodotto con successo nella zona del Vulture, il monte un tempo vulcano, intorno alla quale sono coltivati circa 1500 ettari di vigneto. Vino riconosciuto sia DOC (Aglianico del Vulture) che DOCG nella sua versione Superiore e Superiore Riserva.
Cantina Michele Laluce
Azienda a conduzione familiare attiva dal 2001, da sempre attenta alla qualità del prodotto finale, più che alla quantità. Mi introducono all’assaggio dell’Aglianico con “Zimberno” 2013, un prodotto che affina per il 70% in acciaio e il restante 30% in rovere. Un vino che loro stessi definiscono “irruento ma con stile”, a testimonianza che l’Aglianico di questa zona si esprime con grinta e grande tempra acido-tannica, ma che nel palato si rivela con adeguato equilibrio e piacevole pulizia finale.
Nel successivo assaggio, provo l’Aglianico DOCG in 3 annate in successione: 2013, 2014 e 2008, quest’ultimo una bella bomba! Questa mini verticale consente di esplorare ancora meglio il potenziale dell’Aglianico, che si esprime con colori vivaci e sentori minerali e ferrosi, note di piccoli frutti a bacca rossa selvatici. Il palato si conferma austero ed energico, di grande persistenza. Assurdo come l’annata 2013 e 2014 (relativamente “vecchie”), sembrassero vini più giovani, e come la 2008, più evoluta ancora, se presa singolarmente facesse sembrare il vino ancora più giovane! L’Aglianico sembra sempre mai stanco di invecchiare infatti, di quei rossi capaci di affrontare il tempo senza pensieri.
Di questa azienda ho apprezzato sicuramente gli assaggi, ma anche la capacità di dar vita a un vino non sempre facile da equilibrare. La sua è una natura nervosa, ma resta capace di emozionare alla grande nel calice.
Cantina Madonna delle Grazie
Un’altra realtà a conduzione familiare, attiva dal 2003 con una “eredità” che tuttavia arriva ai primi del ‘900 quando il nonno di Giuseppe Latorraca, ad oggi a capo dell’azienda, già era noto per la bontà dei suoi vini. Siamo nei pressi del Monastero Madonna delle Grazie, a Venosa, sempre nell’area circostante il rilievo Vulture. Mi hanno colpito di questa azienda soprattutto due interpretazioni del grande Aglianico, differenti dalla classica veste in rosso.
Assaggio infatti dapprima Leuconoe, un Aglianico vinificato in bianco, dal colore paglierino carico con qualche riflesso ramato. Il profumo è un tripudio di freschezza, che richiama quasi prima un ricordo che dei veri e propri sentori. Il suo bouquet mi fa infatti pensare a un pomeriggio d’estate, coi suoi colori e i suoi profumi, una terrazza col bucato appena steso e il cielo terso. Forse mi sento un po’ poeta anche io. Ogni bottiglia di vino si ispira infatti ai versi del Carpe Diem di Orazio, ripresi sia nei nomi che nei disegni delle etichette.
Tornando un attimo degustatori e basta (ma non dovrebbe mai essere solo così!), parliamo di Leuconoe come un bianco sapido e minerale, dal palato teso e gustoso. Agrumi e piccole sfumature vegetali, nonché una bella mineralità distinguono invece i suoi sentori olfattivi.
Con Sagaris invece, assaggio un Aglianico proposto in versione rosata, il cui colore è ottenuto senza una vera e propria macerazione sulle bucce. La carica cromatica dell’uva è infatti notevole, e in grado di regalare anche nella versione in rosato colori incredibili. Un vino caratterizzato da squisiti sentori di piccoli frutti rossi succosi, sorso sapido e freschissimo.
Puglia
Cantina Paolo Leo
Al Vinitaly 2022 approdo anche in Puglia alla scoperta dei vini dell’azienda Paolo Leo. Da appassionato di realtà più piccole e di nicchia, non vi nascondo che sono molto più esigente nei confronti di aziende che producono molta “quantità”, perché spesso purtroppo il rischio è di trovare vini omologati e poco tradizionali. In questa realtà salentina ho invece trovato una tradizione familiare solida che punta senz’altro a una costante innovazione, ma anche a salvaguardare il rapporto che lega un vignaiolo alla sua terra, affinchè il vino sia il risultato di una “perfetta fusione“. Natura, uomo, tecnologia, una sinergia indispensabile per portare nel calice un vino che racconti l’anima di un territorio.
Fra gli assaggi mi hanno colpito in particolare due bianchi e due rossi. I due bianchi appartengono alla linea Alture, quella attraverso la quale l’azienda valorizza i vitigni autoctoni. Assaggio infatti un Minutolo, chiamato anticamente anche Fiano minutolo o uva moscatella, lievemente aromatico e intriso di freschezza croccante. Poi il Bianco d’Alessano, ancora più sapido e di buon corpo, dai sentori intensamente mediterranei e freschi.
Seguono fra le mie preferenze Orfeo, un Negroamaro che svolge 3 mesi in acciaio, 12 mesi in barriques + 3 mesi in bottiglia. Fruttato ed intenso, caldo, avvolto di una leggera nota bruciata, di fumo e incenso, dal sapore asciutto e acido ma al tempo stesso rotondo e avvolgente.
Infine Mora Mora, una Malvasia nera, vitigno che già conoscevo e che personalmente apprezzo, e che ho apprezzato anche in questa proposta. Mora Mora affina per 3 mesi in barriques di 2° e 3° passaggio, e si presenta nel calice con note olfattive intense e fruttate, morbide, officinali. Il palato è persistente e morbido, lievemente pseudocalorico, ma piacevolmente intenso.
Molise
Cantina Claudio Cipressi
Continua il mio mini tour a Vinitaly 2022 e non perdo la possibilità di assaggiare il Tintilia di Claudio Cipressi, vignaiolo che già avevo avuto modo di apprezzare agli inizi del mio percorso da sommelier. Ad oggi uno dei produttori più riconosciuti per la valorizzazione di questa varietà autoctona che identifica una regione piccola ma ricca di potenziale come il Molise.
Assaggio Macchiarossa, un Tintilia che svolge passaggio in solo acciaio, ma che già conquista per degli squisiti sentori a tratti quasi terziari. La bellezza di questo vitigno è infatti quella di manifestarsi già complesso senza particolari affinamenti dati dal passaggio in legno, e Macchiarossa ne è la prova. Piacevole perché si propone come vino tanto intenso e completo che come vino dotato di piacevole e “agile” beva.
Ancora più coinvolgente, e mannaggia al poco tempo che avevo per dargli giustizia nel calice, Tintilia 66, annata 2021, un vino che affina 36 mesi in legno + 3 mesi di bottiglia. Austero e intriso di intensa complessità, profumi terziari in progressiva apertura, sorso asciutto e importante, una chicca da veri appassionati.
Cari amici lettori, finisce qui la prima parte dedicata ai assaggi migliori che ho degustato a Vinitaly 2022, prossimamente vi racconterò di altre aziende e vini che mi hanno colpito!
Alla prossima!