Vino-viaggiando a Campodipietra
Sono di recente andato a trovare la signora Ornella Molon nella sua azienda a Campodipietra, per prendere una bottiglia di Piave Malanotte, che ho portato alla terza edizione del #blindbloggertasting. Un vino e una zona a cui sono particolarmente affezionato che rappresentano un fiore all’occhiello per la mia regione di origine, e che oggi voglio raccontarvi in questo articolo!
Mi piace definire Ornella Molon come la Donna del Piave, perché è stata la prima donna di questa zona a prendere in mano le redini di un’azienda vitivinicola, in un momento storico in cui una donna nel mondo vino era una cosa fuori quasi inconcepibile. Lei invece l’ha presa da sempre con filosofia, tirando su man mano una delle cantine che ad oggi rappresentano al meglio la produzione vinicola del Piave.
Diversi sono gli aneddoti divertenti che mi ha raccontato sugli esordi dell’attività! I primi clienti entravano scettici a compare il vino trovandosi lei a servirli e parlare dei vini in vendita, o ancora gli addetti ai controlli sanitari le chiedevano, increduli, nomi e utilizzo delle varie attrezzature della cantina. Ma lei è sempre andata oltre, e ancora oggi la trovate nella sua azienda pronta a raccontarvi i suoi vini con un’energia contagiosa!
All’inizio lei e il marito facevano tutt’altra attività, ma poi, quasi per caso – come nascono tante cose belle – decidono di investire il proprio futuro facendo vino. E decidendo di investire in questa zona del Piave, che prometteva bene grazie ai suoi terreni ricchi e fertili, ricchi di depositi fluviali e ciottoli, capaci di dare vini di bella struttura e complessità. Tutto questo puntando a migliorarsi sempre di più, abbandonando la tendenza sino ad allora diffusa di fare più “quantità” che “qualità”.
Piave Malanotte, la rivincita del Raboso
La zona del Piave regala vini temprati e robusti, che se tuttavia sono domati opportunamente, regalano emozioni stupende. Ottima terra anche per un vitigno generoso come il Merlot, da cui si ottengono vini in purezza o tagli bordolesi splendidi. Qui tuttavia è soprattutto zona prediletta per il vitigno autoctono protagonista di questo articolo, il Raboso Piave.
Alcuni aneddoti su questo “leone” del Piave:
- aspro, robusto e indomabile: chi mai scommetterebbe su questo vitigno??
- era chiamato “vin da viajo” (vino da viaggio), poiché sopportava i lunghi viaggi senza risentirne negativamente
- i nonni lo ricordano come “el vin che sporcava el bicèr”, e tutt’oggi state attenti ai vestiti perché difficilmente vi verrà via un’eventuale macchia 🙂
- nonostante fosse un vitigno “difficile”, era importante per l’economia locale in quanto la pianta è molto generosa e produttiva
Ma come domare questo Raboso dal temperamento tanto turbolento?
Oggi ovviamente le tecniche di produzione del vino sono migliorate. Anche se il Raboso rimane un vitigno da cui si ottengo vini di carattere, sebbene meno aspri e ruvidi, è con la versione Piave Malanotte che si eleva ulteriormente tanto da meritare il riconoscimento DOCG.
Il Piave Malanotte nasce infatti dopo svariati tentativi di miglioramento, che sono approdati alla recente scelta di apportare una parte di uve Raboso appassite per un minimo del 15% e un massimo del 30%. L’invecchiamento minimo previsto è invece di 36 mesi, di cui almeno 12 in botte e 4 in bottiglia. L’aggiunta delle uve sottoposte ad appassimento e il passaggio in legno, hanno consentito al Raboso di essere proposto in una veste più morbida, suadente e calda, caratteristiche tuttavia bilanciate dalla onnipresente acidità del Raboso Piave.
La DOCG è stata riconosciuta ufficialmente di recente, nel 2010.
Perché “Malanotte”?
I Malanotte erano una ricca famiglia che abitò nei pressi di Tezze di Piave, presso un Borgo che tutt’oggi porta il loro nome! Furono una famiglia che aiutò molto lo sviluppo dell’economia vitivinicola locale. Si vuole dare pertanto a questa versione elevata di Raboso il nome che ricorda tale famiglia, legandolo al tempo stesso alla sua zona di origine.
Il Malanotte di Ornella Molon
Mi sono emozionato tantissimo ad assaggiare questo vino mentre la signora Molon ce lo stava presentando! Dopo aver portato solo il naso al calice infatti, ho sentito tantissimo del mio territorio in tutti i sentori che sprigionava. Certo già il colore prometteva bene! Un bel rosso intenso, carico, ma ancora giovane, che può farsi aspettare ancora un po’. Però i sentori erano davvero coinvolgenti. Sono i profumi di una terra e di un vitigno che raccontano la propria storia con eleganza ma semplicità, con carattere ma con gentilezza.
Un vino che si apre lentamente, che non ha fretta di esprimersi e che sa di non deludere chi lo aspetta volentieri.
In bocca è piacevolmente tannico e fresco, e si direbbe quasi che si tratti di un vino giovane! Una bella punta di morbidezza accompagna infine la trama robusta di questo rosso intenso, avvolgendo e conquistando il palato. Tanti terziari si esprimono man mano nel calice, sostenuti da una bellissima persistenza gusto-olfattiva. In altre parole, un’opera d’arte!
Per la soddisfazione di provarlo da un po’ di tempo, me ne sono preso una bottiglia da attendere 🙂
Con cosa abbinarlo? Normalmente mi piace sperimentare anche abbinamenti extraregionali, ma questa volta vorrei consigliarvi di berlo insieme a dei piatti tipici della mia terra, come un bel risotto al Radicchio di Treviso con salsiccia, musetto e lenticchie, pasta e fagioli, spezzatino o soppressa cotta!
Io mi sto già leccando i baffi, e voi? 😀
Alla prossima!
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